Contributo all’iniziativa del 10.9.2010

Qualche riga per dire che da questa mattina ho ripreso a mangiare, ponendo fine allo sciopero dei pasti iniziato venerdì 10 settembre, e per fare alcune brevi e personali considerazioni come contributo all’iniziativa.

Sarà il tono delle guardie in tedesco o non so perché, ma in testa c’ho sempre la frase “Arbeit macht frei” e mi dico che quella scritta arrugginita, in fin dei conti è diventata il leit-motiv della società. Il lavoro, la produzione, il profitto come imperativo. È questo il metro negli attuali rapporti, il valore del singolo e il suo eventuale diritto ad esistere. Cos’è un bosco rispetto ad una linea dell’alta tensione? Cosa sono degli africani rispetto alle arance tutto l’anno nei supermercati? Cosa sono una mucca, un pollo o un cavallo rispetto al latte a colazione, ad una confezione di chicken nuggets a pranzo o una bistecca (locale, chiaro!) a cena?

Hai diritto a diritti dal momento che sei impiegato, utile all’economia. Forse. Se lavori sei libero! Di avere un tetto, del cibo e tutti gli svaghi che ti puoi permettere, consumando freneticamente o responsabilmente. Ma se non adempi o rifiuti a sottostare a questa logica, sono guai, lo sappiamo bene: diventi un problema da criminalizzare o da medicalizzare se ti frapponi alla marcia del profitto, all’accumulazione, al controllo e dominio capitalista. Profitto e dominio che non hanno ancora finito di razziare i continenti, i mari e gli oceani di questo pianeta e soggiogare (o digitalizzare) tutto l’esistente, che già si rimboccano le maniche per appropriarsi e dominare anche l’inesistente e l’impalpabile, quanto di più intimo ha ogni essere, attraverso le bio e nanotenologie, ovvero la manipolazione della materia e degli esseri viventi tutti, per renderli più produttivi, più funzionali all’interno di questa economia, più utili e più efficienti nelle loro funzioni.

Dove non sono arrivate le guerre, dove non è arrivato il colonialismo, dove non sono arrivate le dittature o i democratici politici a garantire ogni cosa al dio economia, ci sta arrivando la scienza delle multinazionali e dei suoi esperti ricercatori, con il loro mondo fantasticamente ecosostenibile e “tutto-ottenibile”, digitale e caritatevole verso i paesi ricchi ancora di risorse umane e naturali da depredare. È il sistema, lo sviluppo, che continua la sua corsa omicida, il suo assalto alla vita. E la nostra voglia di libertà, di autodeterminazione, non puoi convivere con questo, né può convivere con questo, né può convivere con le autorità e le istituzioni che lo difendono e lo garantiscono, proprio perché è voglia di liberazione da questo sviluppo devastante. Ci si illude se si crede che il capitalismo, i governi e l’economia, possano rinunciare ad una condizione base per la loro crescita: l’oppressione.

Sebbene in questi cinque mesi le autorità federali ci impongono asfissianti controlli e restrizioni sulla nostra corrispondenza e nelle poche e sempre troppo brevi visite concesse, il senso di questa iniziativa non lo ricerco in una richiesta o in qualche pretesa verso le autorità, perché non hanno nulla che possono offrirmi a beneficio o garantirmi a diritto che mi possa soddisfare realmente, men che meno la loro idea di libertà fatta di tanti “se” e mille “ma”, strettamente sorvegliata e costantemente minacciata e ricattata.

La libertà per cui lottiamo, probabilmente, loro nemmeno la sanno concepire e, sicuramente non può accettare le loro frontiere, le loro prigioni ed i loro sporchi affari. Non può accettare il loro sfruttamento e annientamento degli uomini e delle donne, degli animali e della terra, per i loro profitti e la loro avidità.

Un senso l’ho trovato nel sentire ad un certo punto fame, il corpo che chiamava, animale, come a reagire. Il rassicurarmi che non sono, non siamo, dominati dalla macchina come loro ci vogliono, e che non offriremo loro nessun bottone per spegnerci a comando davanti alla catastrofe che hanno fatto di questo pianeta.

Il senso è dare fisicità all’odio verso questo sistema di dominio e annientamento, e dare fisicità alla complicità viva e attiva verso tutti coloro che dentro e fuori, giorno e notte, gli resistono.

Libertà per tutti noi, libertà per Mumia, libertà per Marco, libertà per Alfredo, libertà per tutti i prigionieri e tutte le prigioniere e sostegno alla campagna di liberazione dei prigionieri di lunga detenzione!

Grazie a chi con lettere, cartoline, voci, iniziative sotto il sole o sotto le stelle ci trasmette il calore della solidarietà.

Ciao Costa! Ciao Silvia!

Un abbraccio forte

Thun, 21 settembre 2010,

Billy